lunedì 12 ottobre 2020

PROVA MANDALAVITA

 L'alchimia dell'incontro e della relazione che è nata tra Margherita e me ha fatto, amalgamare due creatività. Sentiamo che si sta creando un cerchio di persone orientate alla bellezza e alla pace.

AUTOSTIMA                                            AMORE


CONSAPEVOLEZZA
                                                                                                                    



                               







venerdì 15 novembre 2019

Gli interventi, le relazioni e altro ancora...

Ecco gli interventi dei relatori all'ultimo  Seminario di ottobre  del Ciclo <La famiglia al tempo dell'individualismo>.

GEMMA FARASIN




La solitudine nella famiglia: dove ci siamo persi? Ma... c’eravamo davvero incontrati?
Gemma Ferasin

     Quando, a suo tempo, lessi il titolo della relazione proposto, questo si fermava a “dove ci siamo persi?”... Subito mi arrivò, però, la seconda frase...
Ci siamo persi proprio perché  mai realmente incontrati? E  se questo è vero, perché?
Cosa porta a incontrarsi davvero o all’illusione di incontrarsi, o a ricercare continuamente di incontrarsi?
Quali sono gli “strumenti” che andiamo ad usare, consapevolmente o inconsapevolmente, quando vogliamo o vorremmo entrare in relazione con qualcuno?
Come abbiamo imparato a cercare la relazione, da chi? Quando?
          Cercheremo di fare delle connessioni tra studi ed evidenze cliniche,  connessioni che ci possano fornire un filo rosso di comprensione che unisca quelle che sono state le nostre esperienze di relazione nell’infanzia con ciò che ha creato la qualità della nostra relazione con un partner, con ciò che ha contribuito a creare la qualità, i modi di relazione di noi eventuali genitori con i nostri figli...
            Cosa vuol dire allora qualità, tipo di relazione, cosa sono questi modi di relazionarsi?
Cosa intendiamo?
             John Bowlby (1907-1990) parla di Modelli Operativi Interni (MOI), ovvero di rappresentazioni, dentro di noi, di noi stessi, delle proprie figure di attaccamento e del mondo in generale..
“Il bambino in fase di sviluppo costruisce una certa quantità di modelli di se’ stesso e degli altri basati su pattern ripetuti di esperienze interattive. Questi “assunti di base”...., “rappresentazioni delle interazioni che sono state generalizzate”.... , “modelli di relazioni di ruoli” e “schemi se’-altro”...., formano modelli rappresentazionali relativamente fissi che il bambino usa per predire il mondo e mettersi in relazione con esso.” (Holmes, 1993).



NB: L’Autore autorizza la pubblicazione e diffusione esclusivamente di quanto nel presente file!
          Ma questi MOI sono simili in tutti gli esseri umani, o sono diversificati, e come nascono, come si creano?
          Facciamo un piccolo passo indietro e osserviamo, per collegare questi concetti, quelli che sono chiamati Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI). Cosa sono?
Sono “regole” che non richiedono la coscienza per operare, non sono legate alla coscienza dichiarativa (cioè all’espressione linguistica del pensiero); sono tendenze innate, universali, che influenzano il nostro comportamento verso fini di sopravvivenza, biologici, e interpersonali, sociali.
Vediamo dunque che esistono SM biologici e SMI interpersonali..
            È doveroso a questo punto ricordare l’apporto degli studi teorici e clinici di Giovanni Liotti  (1945-2018) che, partendo dalle teorie di Darwin,Ekman, Bowlby, Panksepp, Gilbert, continuo’ la ricerca sui sistemi motivazionali, sviluppando un approccio integrato tra varie discipline tra cui il sistema evoluzionistico (che vede nel cervello umano la “storia” di quest’ultimo  nella sua struttura evolutiva gerarchica: rettiliana, limbica e neo-corticale); le neuroscienze; lo studio dello sviluppo psico-emotivo umano e della psicopatologia;  un nuovo approccio psicoterapeutico..
            Torniamo agli SMI. Essi sono dunque meccanismi, sistemi di regolazione fisiologici che sono in grado di organizzare il comportamento individuo-ambiente, quindi il comportamento sociale, le emozioni (queste possono essere avvertite dalla coscienza), il senso di se’ con l’altro...
Ricordiamo che la loro espressione presenta variabili individuali ed è influenzata dall’esperienza, dall’apprendimento...

Possiamo definire cinque classi di Sistemi Motivazionali Interni:

- il Sistema Motivazionale dell’Attaccamento
- il Sistema dell’Accudimento
- il Sistema Sessuale di Coppia                      
- il Sistema Agonistico di Rango
- il Sistema Cooperativo


      I Sistemi che oggi innanzitutto ci interessano sono quelli di Attaccamento e Accudimento, reciprocamente influenzanti, come vedremo..
      L’accudimento è il modo di relazionarsi verso un soggetto bisognoso, lo facciamo anche con gli adulti.. Biologicamente siamo predisposti a farlo verso i cuccioli, sia animali che umani, anche a seguito di loro segnali che lo sollecitano..
      L’attaccamento è quella “predisposizione” che va a legare l’accudito verso chi si prende cura di lui..
        Ma vediamo meglio...
   
        Fu John Bolwby (1907-1990), psicoanalista inglese, influenzato dagli studi etologici di Lorenz (1949), di Tinbergen (1951),  di Harlow (1958), sui bambini di Spitz, ad elaborare la teoria dell’Attaccamento.
Holmes (1993) riporta:
“...La teoria dell’Attaccamento è, nella sua essenza, una teoria spaziale: quando sono vicino a chi amo mi sento bene, quando sono lontano sono ansioso, triste e solo. Il bambino fuori di casa gioca felicemente finché non si fa male oppure finché non si avvicina il momento di andare a letto, ma poi prova fitte di nostalgia. La madre che lascia il suo bambino con una nuova persona che si occupa di lui pensa continuamente a suo figlio e ne sente terribilmente la mancanza. L’ATTACCAMENTO È MEDIATO DAL GUARDARE, DALL’ASCOLTARE E DAL TENERE (il maiuscolo è mio per porgere alla vostra massima attenzione queste azioni...): la vista di chi amo mi riempie l’animo, il suo avvicinarsi risveglia anticipazioni piacevoli. Essere tenuto fra le sue braccia e sentire la sua pelle contro la mia mi dà un senso di calore, di sicurezza e di benessere forse con un formicolio per l’anticipazione di un piacere condiviso. Ma la consumazione dell’attaccamento non è primariamente orgasmica: “(intende qui di eccitazione e di piacere non certo legato all’espressione della sessualità adulta, ma all’aspetto di piacere fisico ed emotivo “erotico” che inizia con la nostra nascita, con il calore della persona che ci tiene in braccio, con le manipolazioni dell’essere puliti, lavati, massaggiati ecc.) “è  piuttosto, per mezzo della conquista della vicinanza, uno stato di rilassamento in cui si comincia a “andar d’accordo con le cose” a seguire i propri progetti, a esplorare.”

        E aggiungiamo:

        L’esperienza affettiva di attaccamento si organizza in Modelli Operativi Interni (MOI) della figura di attaccamento e del se’ che rappresentano l’esperienza vissuta nelle relazioni interpersonali con le persone che si prendono cura del bambino (Bowlby, 1969).
        È importante ricordare, per ciò che vedremo in seguito, che “IL COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO È INNESCATO DALLA SEPARAZIONE O DALLA MINACCIA DI SEPARAZIONE DALLA FIGURA DI ATTACCAMENTO “(Holmes, 1993).

 



Ecco dunque che siamo arrivati al punto di prima, ai MOI,  Modelli Operativi Interni....
 Di nuovo, Holmes, con un’altra connessione:
  
Infanzia....vita adulta....generazione successiva...

                       
               
     
        Allieva e sostenitrice delle tesi di Bowlby fu Mary Ainsworth (1913-1999).
Continuò il suo interesse per le interazioni madre bambino, dal 1967 con ricerche in Uganda, all’ideazione di metodi sperimentali con Witting nel 1969 agli studi a Baltimora nel 1971 e 1978.
Nel 1971 descrive per la prima volta con i suoi colleghi tre modelli principali di attaccamento:

Il primo è quello dell’Attaccamento sicuro. “L’individuo ha fiducia nella disponibilità, nella comprensione e nell’aiuto che il genitore (o la figura parentale) gli darà in caso di situazioni avverse o terrorizzanti....si sente ardito nell’esplorare il mondo. Questo schema viene promosso da un genitore, nei primi anni specialmente dalla madre,  che sia facilmente disponibile, sensibile ai segnali del bambino e amorosamente pronta a rispondere quando il bambino cerca da lei protezione e/o conforto.”
“Un secondo schema è quello dell’Attaccamento di resistenza angosciosa (più tardi sarà quello denominato ansioso, ambivalente, mia nota...) in cui l’individuo non ha la certezza che il genitore sia disponibile o pronto a rispondere e a dare aiuto se chiamato in causa....il bambino è sempre incline all’angoscia di separazione, tende ad aggrapparsi, e l’esplorazione del mondo gli crea ansietà.” Questo schema “ viene favorito anche dalle separazioni e ...da minacce di abbandono usate come mezzo di controllo”.
“Un  terzo schema di attaccamento è quello dell’evitamento angoscioso, in cui l’individuo non possiede la fiducia che, quando ricercherà delle cure, gli si risponderà soccorrevolmente ma ...si aspetta di essere rifiutato seccamente.” (Bowlby, 1989).
Nel 1981 M Main individuerà in una situazione sperimentale chiamata “strange situation” lo stile disorganizzato. I bambini mostrano comportamenti confusi, dal restare paralizzati a movimenti stereotipati, a comportamenti autolesivi al momento della riunione con il genitore, dimostrando la mancanza di una coerente strategia di risposta.

Lo vedremo tra poco.
  
Nel 1978 M. Ainsworth e coll. mette a punto la Strange Situation Procedure per verificare la qualità dell’Attaccamento di bimbi che vanno da circa 12 ai 18 mesi.
Questa è la creazione di una situazione per studiare il modo in cui i bambini possono affrontare brevi separazioni (lunghe tre minuti) da coloro che si prendono cura di loro (madre e sperimentatore che sostituisce momentaneamente la madre).
La risposta alla  separazione, allo star solo, alla riunione (molto importante) viene osservata dai ricercatori da uno specchio unidirezionale e registrata mezzo video.
Vediamo i risultati nella seguente finestra:

                     






La buona relazione di attaccamento (quindi sicuro) è un prerequisito per lo sviluppo di un’adeguata finestra di attivazione emotiva che permetterà  uno sviluppo psichico e corporeo armonioso, creazione di risorse  rispetto agli eventi di vita e le relazioni umane...

           










        Dunque cominciamo a parlare di “relazioni traumatiche”.
Le  risorse del bambino lavorano nel creare adattamenti all’ambiente/persone . Saranno legami di attaccamento “insicuri”, ma non dimentichiamo che sono ricerche di “sopravvivenza psichica”, se pur con conseguenze a loro volta disfunzionali nel funzionamento psichico, cerebrale, ecc.
        Consideriamo di primaria importanza la qualità dell’attaccamento con il caregiver principale (generalmente la madre), ma si potranno instaurare legami di attaccamento anche con altre figure, legami caratterizzati da qualità diverse, che potranno servire a sperimentare relazioni ad esempio più confortanti, nel caso di difficoltà con la fda principale.
Un esempio che arriva dall’esperienza clinica sono i nonni, spesso porto sicuro al posto dei genitori...
          Poiché esiste un legame tra la qualità dell’attaccamento infantile e  le  relazioni di attaccamento in età adulta, gli eventuali MOI disfunzionali potranno partecipare all’insuccesso della coppia...

            Riconnettiamoci ancora una volta a Bowlby:
....” Quando nel 1937 diventai psicoanalista, i membri della Società Britannica si occupavano dell’esplorazione dell’immaginario di adulti e bambini, e veniva  considerato quasi estraneo e inappropriato per un analista avere un interesse e un’attenzione sistematica per le esperienze reali di una persona. Quella era un’epoca in cui il famoso voltafaccia di Freud del 1897 circa l‘eziologia dell’isteria aveva portato all’ottica per cui chiunque ponesse l’accento su quelle che potevano essere state, e forse ancora lo erano, le “esperienze reali” di un bambino era considerato pietosamente ingenuo. Quasi per definizione si assumeva che chiunque fosse interessato al mondo esterno non fosse interessato a quello interno, e anzi cercasse di sfuggirvi.  “ (j. Bowlby, 1989)

              Oggi la realtà storica di eventi e relazioni traumatiche è accettata,  la loro importanza  e la coscienza di tutte le loro conseguenze ha fatto nascere ed evolvere approcci psicoterapeutici ad essi dedicati.
Tra questi l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è uno strumento riconosciuto dall’OMS di primaria importanza, usato nella cura del PTSD, Disturbo Traumatico da Stress, e utile per tutto ciò che stiamo osservando, ovvero per la rielaborazione di quelle esperienze traumatiche non risolte che continuano a creare ripercussioni nei livelli cognitivo, emozionale e corporeo...
                Dobbiamo porre attenzione  non solo alle forme evidenti di comportamenti generanti situazioni traumatiche,  ma anche a quelle non riconoscibili a prima vista, appartenenti a caregivers e famiglie cosiddette “buone, normali”, che provvedono ai bisogni primari di cibo, vestiario, scuola... ma non soddisfano il bisogno primario di “contatto emotivo”, che nasce dalla curiosità di conoscere e riconoscere cosa quel bambino/a  sente, prova, pensa, o comincia a pensare...
Così facendo aiutiamo quel bambino, un giorno adulto, a riconoscere le proprie sensazioni, emozioni, i propri pensieri... lo faremo sentire accompagnato, guidato...
Ciò che assume la forma di trascuratezza emotiva è una conseguenza di una altrettanta esperienza dei genitori nella loro infanzia...
        Tornando  ad esperienze infantili avverse vediamo le conseguenti alterazioni nei funzionamenti interno e relazionale che portano ad aspettative incongrue verso il mondo e verso l’altro.
          I M.O.I. DISFUNZIONALI CREANO UN FILTRO ATTRAVERSO CUI L’ALTRO SARÀ VISTO MA NON NELLA SUA REALTÀ.
            NON CI SARÀ UNA VERA CONOSCENZA E CONSAPEVOLEZZA DI CHI È L’ALTRO, NON CI SARÀ UN REALE E VERO INCONTRO..
                        
                 
        Vediamo il significato di una base sicura (termine coniato da Ainsworth nel 1982) nell’infanzia e conseguentemente nell’età adulta:
    nell’infanzia una base sicura soddisfa i bisogni fisici ed emotivi del bambino; il rifugio sicuro è rappresentato dalla vicinanza fisica;
    nell’età adulta una base sicura deve soddisfare RECIPROCAMENTE il bisogno di conforto e di sicurezza; il rifugio sicuro è dato dalla vicinanza emotiva.

      Riconnettendoci a quanto detto sui S.M.I., quali di essi interagiscono con quello dell’attaccamento nelle dinamiche di coppia?
Sono quelli di accudimento e sessuale.  Come questi  aspetti sono tra loro integrati può rappresentare una utilità nella comprensione della coppia e delle possibili origini delle difficoltà che possono insorgere (P. Velotti, C.Zavattini, 2008).
L’armonia o meno creatasi darà origine a cooperazione o antagonismo, ovvero a lotta di potere...
      Entrambi i partner possono in alcune situazioni avere bisogni di rassicurazione, ovvero possono prendersi cura dell’altro e cercare di farlo sentire al sicuro.
Fisher e Crandell (1997)  parlano di “attaccamento complesso”, della “natura bidirezionale reciproca dell’attaccamento di coppia, che rappresenta una dimensione “ulteriore” rispetto alla natura unidirezionale dell’attaccamento propria delle diadi genitore-bambino.”
Troviamo una possibilità alternata di dipendenza, dove si tollera di essere dipendenti dall’altro ovvero si accetta la fragilità dell’altro, con la reciprocità del prendersi cura l’uno dell’altro..

        Nei loro studi Fisher e Crandell (1997) delineano gli eventuali patterns  derivanti dall’incontro, nella coppia, dei rispettivi stili di attaccamento:

- attaccamento di coppia sicuro: le funzioni tra i partners non sono rigide, possono muoversi dalla condizione di dipendenza a quella di accudimento, con la libertà e capacità di chiedere contatto e conforto così come quella di dare accoglienza e protezione...
- attaccamento di coppia insicuro,  con i vari aspetti:
    - distanziante-distanziante: ognuno non è in grado di contattare ne’ i propri  sentimenti, emozioni, bisogni di dipendenza e vulnerabilità ne’ quelli dell’altro. I sentimenti di fragilità sono negati, ciascuno risolve le cose per conto proprio, per ciò che sa fare...
    - preoccupato-preoccupato: i partners sono bloccati nella rispettiva e reciproca richiesta di aiuto; esprimono segnali di deprivazione, anche rabbia, vivono una condizione di solitudine emotiva convinti che non riceveranno mai conforto e aiuto...
      - distanziante-preoccupato: il partner preoccupato si sente abbandonato, solo, quanto il
partner distanziante si sente infastidito, soffocato dalle richieste di aiuto, vicinanza dell’altro. Questo pattern porta a dinamiche conflittuali che possiamo trovare spesso in terapia, terapia richiesta dal partner preoccupato, spesso donna...
      - sicuro-insicuro: il partner sicuro può attivare risorse terapeutiche nella coppia,  nella sua capacità tranquillizzante di aver cura e protezione, come di dimostrare la non pericolosità di richiedere aiuto e quindi di temporanee fragilità... Può offrire quindi esperienze emozionalmente correttive al partner insicuro...

         
        Successivamente verrà evidenziato l’attaccamento di coppia in cui un partner è insicuro-irrisolto. Questi, con un passato traumatico non rielaborato può riattivare memorie traumatiche disregolandosi. È la catena della sofferenza: un partner, ad esempio quello maschile, con un passato di violenze fisiche a sua volta diventa persecutore...
       
          Hazan e Shaver (1987) noteranno comunque la necessità di tenere presenti, accanto allo stile di attaccamento dominante, le caratteristiche della specifica relazione di coppia.

            Quali strumenti ci possono aiutare nel comprendere quali modelli disfunzionali sono operativi  nella coppia, originati da stili di attaccamento sorti nell’infanzia?
            Tra gli studi importanti e numerosi, ci occuperemo, se pur brevemente, dell’
Adult Attachment Interview (AAI),  Main,  et al., 1985

È un’intervista semistrutturata, durata circa un’ora, in cui si richiedono all’intervistato ricordi relativi alla propria storia infantile.
Viene richiesto al professionista un training specifico che lo renda in grado di valutare correttamente tutte le risposte, ma la lettura delle domande può essere comunque un momento anche di propria riflessione su quelle che sono state le esperienze che hanno dato una specifica impronta al proprio stile di attaccamento.
Ne sono un esempio le domande sulla qualità delle relazioni con la mamma, con il padre, sulla perdita di figure importanti, cosa succedeva quando ci si faceva male,  quando si era malati..
          I pattern di risposta all’A.A.I.: sicuro, distanziante, preoccupato e quelli alla Strange Situation: sicuro, evitante, resistente (ansioso ambivalente) corrispondono reciprocamente in modo arrendibile. (Steele H., Steele M., 2008).
          In riferimento a quanto accennato prima, “esiste un nesso rilevante per quanto riguarda la categoria relativa a disorganizzazione/disorientamento rispetto al l’attaccamento sul piano transgenerazionale (in: Steele H., Steele M., 2008).
        Disregolazioni emotive dovute alla mancata esperienza  durante l’infanzia di protezione, rassicurazione, tranquillizzazione,  ci parlano della possibile permanenza di eventi stressanti che, se non elaborati dalle funzioni cerebrali, si traducono in traumi.
Ma abbiamo possibilità di riconoscerli e di lavorare per la loro risoluzione, per “lavare” i nostri filtri sulla realtà e (per quanto sia possibile per noi esseri umani) per poter vedere al meglio il mondo e l’altro...
         




Così rimaniamo in cammino sulla strada della conoscenza, della formazione evolutiva...
E  manteniamo in noi questa esortazione:
                       



Bibliografia

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DAZZI, N., ZAVATTINI, G.C. (A cura di),  Adult Attachment Interview, R. Cortina Ed., Milano 2010
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GEORGE, C., KAPLAN, N., MAIN, M.,(1985) The Adult Attachment Interview, University of California at Berkeley
HAZAN, C., SHAVER, P.R,  (1987) Romantic Love Conceptualized as an Attachment Process, Tr.it. L’Amore di Coppia Inteso come Processo di Attaccamento, in: Carli, L. (a cura di) Attaccamento e Rapporto di Coppia, R. Cortina Ed., Milano 1995
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LIOTTI, G., FARINA, B., (2011) Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, Clinica e Terapia della Dimensione Dissociativa, R. Cortina Ed., Milano
LIOTTI, G., (2017) Trauma e Dissociazione alla Luce della Teoria dell’Attaccamento, Il Pensiero Scientifico Ed., Roma 2017
LORENZINI, R., SASSAROLI, S. (1995) Attaccamento, Conoscenza e Disturbi di Personalità, R. cortina, Milano
MONGUZZI, F., (2010) Curare la Coppia. Processi Terapeutici e Fattori Mutativi, F. Angeli, Milano



ROSANNA INTINI

POST IN ALLESTIMENTO







MASSIMO BARBIERI



SCOPERTA DELLE DOTI DEI FIGLI:
IMPEGNARSI A CONQUISTARLE E RESPONSABILITÀ PER CONDIVIDERLE
(come antitesi alla solitudine e all’individualismo in famiglia)
Caso presentato
Fine agosto, la madre 48 a. chiede una consulenza per Tiago 13 a. Sono convocati insieme. Segue una sintesi dei loro
riportati.
Madre. Ha una lunga storia: occhio pigro scoperto a 3 anni e portò la benda ortottica per stimolarlo fino alla 2a
elementari, così si sentì diverso e inferiore ai compagni, calò l’autostima e si chiuse; il maestro parlò di Bes, poi
logopedista fece test ed emerse un simil-Dsa, rifiutò la scuola ed entrò nel lettone. Alle medie diagnosi Dsa, fece
ripetizioni private di letto-scrittura, calcolo e lingue straniere, con successo, ma fatica enorme. Temo tutti tali aiuti tin
abbiani adagiato, fai compiti se costretto, sempre distratto, a casa sei un bambino, giocare da solo sei perso, non
autonomo e rifiuti sentirtelo dire; mentre fuori sei adulto.
Figlio. Tutto ciò e vero. Amo suonare la batteria, sono bravo, ecco il mio video del saggio scuola. Voglio fare il liceo
musicale.
M. Iniziasti a sbacchettare appena camminavi, sapendo dov’erano le pentole. Inizia andare scuola a piedi da solo.
F. Faccio anche catechismo e sport.
M. Ma tendi a stare coi più piccoli, intimorito e a disagio deriso dai coetanei ancora per il fisico da bimbo.
Segue coi partecipanti discussione con riflessioni, considerazioni, ipotesi di restituzione.



In questo Video, intitolato 'Lezione di vita in classe', vi sono molti spunti per una riflessione da fare non solo a scuola...
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